L’abitazione di Manzoni […] è collocata in un fuori mano nel cuore della città; a due passi dal Duomo, dal palazzo del Comune, dai teatri dell’opera e della commedia, e rincantucciata tra le tre grandi arterie di Milano: il corso Vittorio Emanuele, la Corsia del giardino (oramai Manzoni), via Monte Napoleone. Da qualsiasi di queste tre grandi correnti della vita milanese si mova per dirigersi alla casa Manzoni, si entra quasi subito un una grande via quieta, poco frequentata, silenziosa che contrasta coll’animazione adiacente. Ivi nessuna bottega, nessun caffè, carrozze quasi mai, pedoni radi. La piazza Belgioioso, dove si trova la casa Manzoni, è come un punto morto tra due correnti d’una fiumana; la vita vi stagna, l’erba vi cresce, e se non fossero le stradaiuole del Comune che l’estirpano periodicamente dalle commessure dell’acciottolato, la piazza si cangierebbe presto in un prato fiorito. Il gran palazzo Belgioioso vi troneggia col bellissimo attico e le barocche modanature, come un re in scettro e corona e ordini e crachats, ma spodestato e abbandonato da tutti, dirimpetto al palazzo Besana che colla sua imponenza classica è un’altra grande lapide d’un’epoca passata, non meno fredda e lontana […]
L.A., La casa di Manzoni, «L’Illustrazione Italiana», 20/1879, p. 308-311.
La casa del Manzoni si colloca in Via Morone 1, angolo Piazza Belgoioso, a Milano. Riguardo alla sua costruzione non ci sono notizie certe, ma sappiamo che il Poeta l’acquistò nel 1813. Egli, infatti, tornato da Parigi nel 1810, si trasferì prima in Via San Vito al Carrobbio e poi a Palazzo Beccaria in Via Brera, dove, il 21 Luglio 1813, nacque il primogenito Pietro. Ad inizio 1814, la famiglia Manzoni si trasferisce definitivamente nella nuova abitazione. Si tratta di una casa su tre livelli con una corte interna ed un giardino, dotata di numerose stanze. Una di queste, forse la più silenziosa, che si affaccia sul giardino, era stata adibita a studio per il poeta. Bisogna dire che la famiglia Manzoni, a seguito dell’ingente spesa effettuata per l’acquisto della casa, versava in condizioni economiche precarie. A questo fatto si va ad aggiungere il contesto politico della Milano dell’epoca che vedeva la popolazione assoggettata ad una ingente tassazione. Detto questo, nonostante la casa in Via Morone necessitasse di importanti rimaneggiamenti, vennero effettuati interventi limitati che rispondevano solo alle necessità più impellenti e strettamente legate alla suddivisione degli spazi interni, nonostante le facciate esterne, invece, avessero, probabilmente, un aspetto poco decoroso , «una visione di povera casa, dalla quale è stato demolito un corpo di fabbricato che ad essa si appoggiava, forse la antica chiesa di S. Martino in Nosiggia o qualche sua dipendenza [la casa parrocchiale]» (Claudio Cesare Secchi, Il Centro Nazionale di Studi Manzoniani, Giuffrè, Milano 1956, p. 370.)
Così rimase fino al 1860, quando il Comune di Milano invitò il Manzoni a riparare i pluviali poiché gocciolavano sui passanti. A questo punto, grazie ad una serie di circostanze, tra cui sicuramente il miglioramento della disponibilità economica di Manzoni, vennero avviati i lavori di sistemazione della casa.
Il desiderio del poeta era quello di “rendere meno indecente la facciata esteriore della stessa casa”. Nel giro di un anno, vennero presentati alla Commissione d’Ornato tre diversi progetti di riqualificazione del fronte stradale.
Il primo era un disegno molto semplice con bugnato al piano terra, molte finestre disposte con regolarità, utili, forse, per ragioni di miglioramento delle condizioni sia di aerazione che di luminosità. Erano previsti due ingressi ad arco e due balconcini con inferriate lavorate.
In seguito Manzoni non fu più soddisfatto di questo disegno ed incaricò l’ingegnere architetto Francesco Brioschi di redigere un nuovo progetto, risalente all’Ottobre 1862. La facciata disegnata da quest’ultimo è sicuramente più decorata della precedente: vi sono fasce marcapiano arricchite con tondi, con del bugnato che oltre al piano terra prosegue sugli spigoli della casa e finestre dal profilo leggermente arcuato. Su piazza Belgioioso vengono aumentate le aperture e viene mutato anche il tetto che diventa un’unica copertura a quattro falde.
Prima che finissero i lavori di rimodernamento, tuttavia, Manzoni decide di cambiare ancora una volta progetto, a cui vengono aggiunti elementi decorativi in cotto, realizzati da Andrea Boni.
“A fine di rendere più ornata la fronte della sua casa verso Piazza Belgioioso e la corrispondente parte del fianco di essa nella via del Morone, conservando la costruzione già quasi ultimata in rustico perfettamente conforme al disegno stato approvato dall’Onorevole Commissione d’Ornato nel giorno 31 Ottobre 1862; il sottoscritto presenta, unitamente al disegno stesso, il progetto ornamentale da eseguirsi in cotto per essere autorizzata a intraprendere la nuova decorazione. Nella doppia impossibilità di applicare l’ornamentazione in cotto sullo zoccolo nella precisa linea del tipo primitivo e di tagliare ne muri già costruiti i pochi centimetri richiesti dal piccolissimo, ma pur necessario, sporto maggiore; chiede anche il sottoscritto, che gli venga concesso di oltrepassare (sullo spazio avuto per l’arretramento) quella linea per pochi centimetri come trovanti disegnati in rosso nell’unita planimetria già citata” (ACSMi, Fondo Piano Regolatore, c. 1483, f. 6, lettera di Alessandro Manzoni alla Giunta Municipale, Milano, 5 marzo 1863.)
Nel 1864 viene, inoltre, realizzato un nuovo scalone nel cortile più grande e comodo del precedente.
Alla morte del Manzoni, la casa viene acquistata prima dal Conte Bernardo Arnaboldi Cazzaniga, poi dal signor Attilio Villa ed, in seguito dai fratelli Dubini che misero in atto consistenti modifiche. Con la nascita del Centro di Studi Manzoniani nel 1937, tuttavia, il fabbricato in via Morone venne espropriato per pubblica utilità e affidato al centro affinché ne facesse la propria sede.
Dal momento che i rimaneggiamenti dei precedenti proprietari erano stati abbastanza rilevanti, la destinazione e la distribuzione dei locali era differente rispetto a quando era abitata dalla famiglia Manzoni. Perciò, facendo riferimento al metodo filologico in voga all’epoca, la casa venne restaurata con l’obiettivo di riportarla alla configurazione iniziale e ridare “l‘atmosfera ottocentesca dell’ambiente”.
Durante la seconda guerra mondiale il Centro di trasferì a Merate Brianza, a causa dell’intensificarsi delle offese aeree.
Nel 1965 venne inaugurato il Museo Manzoniano.
Nel 2015, in occasione dell’Expo di Milano, la casa è stata nuovamente restaurata, grazie ai fondi stanziati da Intesa San Paolo, su progetto dell’architetto Michele De Lucchi.
Testo scritto grazie alla ricerca effettuata dall’Arch. Ph.D. Monica Aresi
Foto di Marco Introini